Vivere la montagna vuol dire vivere anche le sue tradizioni, non solo agresti. Nel periodo estivo numerose sono le festività ad alta quota perlopiù religiose e commemorative, dedicate delle persone che la montagna l’hanno vissuta in tempo di guerra. La funzione inizia con la lettura dei nomi degli alpini che hanno perso la vita per la patria e nei canti risuonano le note de “La leggenda del Piave”.
Quando raccontai a mia nonna di averla imparata a scuola e di saperla eseguire con il flauto, lei iniziò ad intonarla una strofa dopo l’altra; sentire oggi quelle note suonate dalla banda in montagna, mi emoziona, ripensando al sentimento con cui lei la cantava, ancor più sentito per le sue origini venete.
Al giorno d’oggi non viene dato peso alle parole e alla loro storia, fortunatamente per noi non sono il presente; tali parole sono solo un racconto o un canto, un canto che i nonni ti riportano a memoria senza omettere una sola parola, però si scordano cos’hanno mangiato a pranzo 😉
Che memoria ballerina, che memoria canterina.
E se alle feste di montagna volete cantare anche voi, basta che vi sediate ad un tavolo insieme ai “vecchi”, con solo un bicchiere di vino, la musica vi prenderà; si perché per festeggiare non serve essere ubriachi, ma allegri.
Mio nonno si sedeva al tavolo con il suo calice pieno, e quando qualcuno gliene offriva, lo mostrava dicendo “Ti ringrazio, ma già ce l’ho” e con quel bicchiere brindava tutto il tempo, e quando le bestie chiamavano, lo finiva in compagnia, salutava e andava via, ubriaco si, ma di felicità.
Dovremmo imparare molto dai nostri nonni, oggi viviamo tutto come un obbligo, se a scuola danno come compito il “dover” imparare una poesia a memoria, le prime a lamentarsi sono le madri, se si va ad una festa è per ubriacarsi, vietata agli astemi… fatevelo un bicchiere di vino e intonate una canzone; una recente, non quella del Piave, potrebbero non capire, e darvi per ubriachi fradici.
Alla salute!
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